Analizziamo, per un attimo, la possibilità di poter
sciogliere il Parlamento sulla base del fatto che i gruppi di opposizione
presentino le proprie dimissioni dal mandato elettorale.
Vediamo quanto affermato da questo post apparso qualche ora fa:
Si noti: “richiesta congiunta di tutte le opposizioni eventualmente supportata
dalle dimissioni dei parlamentari di minoranza…se anche in uno solo dei due
rami del Parlamento (il Senato, ove i numeri sono più traballanti, ndr.) si
raggiungesse la metà più uno dei
dimissionari (…non dei Senatori a vita…) sarebbe automatico lo scioglimento
di quella Camera e, a ricaduta, dell’altra (Camera dei Deputati, ndr)”
Potrei anche essere d’accordo, ma
politicamente questo passaggio farebbe buchi da tutte le parti, as usual.
Ciò perché, in primis, tutto quanto fatto sinora (Decreti, Riforme etc…), purtroppo, è stato portato avanti in base ad un “Regolamento”, che, può piacere o meno, contiene le regole tecniche (non il manifesto politico o le intenzioni politiche) che abbiamo accettato entrando in Parlamento.
Ciò perché, in primis, tutto quanto fatto sinora (Decreti, Riforme etc…), purtroppo, è stato portato avanti in base ad un “Regolamento”, che, può piacere o meno, contiene le regole tecniche (non il manifesto politico o le intenzioni politiche) che abbiamo accettato entrando in Parlamento.
Che poi la riforma Costituzionale sia stata affrontata in modo assolutamente inopportuno annichilendo le opposizioni, su questo, concordiamo tutti.
Usando un paradosso (ma chiaramente solo come
esempio) potremmo dire che a me fa
paura o mi fa “ribrezzo” correre a 130 km/h in autostrada, posso dire la
mia e protestare, ma il resto degli automobilisti che vanno a 130 km/h lo
possono fare senza subire sanzioni perché la legge lo consente.
E’ altrettanto ovvio che una
forza Parlamentare o lista che avesse raggiunto il 51% dei voti (o
prossimamente il 40% sulla base dell’Italicum) avrebbe le possibilità per poter
cambiare subito questo “Regolamento” e proporre una riforma virtuosa della
Carta Costituzionale, qualora, tra l’altro, servisse.
Il dialogo è costruttivo, anche e
soprattutto fatto in opposizione quando l'intento è fare raddrizzare il tiro ad una forza politica di
maggioranza che sbaglia merito e metodo. Questa è la più grande vittoria
politica fatta e portata avanti da buonsenso e mediazione.
Il
dialogo prende anche sfumature interessanti come questa
L’Italia è un Paese da
ricostruire e non da distruggere.
L’art. 67 della Costituzione (si veda anche http://www.nextquotidiano.it/quando-beppe-grillo-non-voleva-vincolo-mandato/)
ci indica che le dimissioni parlamentari non possano essere decise da un capobastone
o dal partito, sono una scelta individuale che il parlamento vota
favorevolmente, da prassi, per soli
gravi motivi (ad esempio di salute fisica).
A questo proposito, c’è il
precedente di Silvio Berlusconi che impose le dimissioni ai suoi parlamentari dopo il voto
sulla sua decadenza da Senatore della Repubblica. Dimissioni che non ci furono, al
netto di qualche sottosegretario che rinunciò alla carica ma non al mandato.
Sappiate che le dimissioni si
accompagnano ad una delibera dell’Aula, a scrutinio segreto e caso per caso.
Servono almeno due legislature per votare un minimo di 158 proposte di
dimissioni da Senatore.
Inoltre, una volta accettate le
dimissioni del parlamentare, subentra il primo dei non eletti in lista che
quindi assieme ad altri dovrebbe dimettersi e così via…un loop.
Altra cosa che voglio mettere in
evidenza è questa: l’appello di dimissioni in questione avviene anche per i deputati della minoranza del Pd, che, una volta seguito il “consiglio”,
come predetto, verrebbero sostituiti, dal “primo dei non eletti” in
probabile linea con la maggioranza e quindi rimpinguando la stessa con numeri
ancora più schiaccianti.
Andiamo per un momento alla
legge elettorale:
“Questo è un
Parlamento scaturito da una legge elettorale dichiarata incostituzionale, per
cui, se per il principio della conservazione degli atti, resta in carica,
appare per lo meno forzato che sia questo stesso parlamento a dover rifare la
legge elettorale e, addirittura, la riforma della Costituzione”
La Consulta quindi chiarisce:
“Le Camere –
scrissero all’epoca i
giudici – sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non
possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di
deliberare”. “È evidente che la decisione che si assume, di annullamento delle
norme censurate, avendo modificato in parte la normativa che disciplina le
elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una
nuova consultazione elettorale”
Facendo poi due veloci conti al Senato (numeri ad oggi 15.02.2015)
Ora, la matematica non è una opinione, nè tantomeno una
opinione politica che appartiene a pochi.
½ + 1 dimissionari=158.
Considerate i numeri sulle
questioni di Fiducia e traetene le conclusioni.
Considerate il numero “111” delle
opposizioni, anche aumentato di una ventina di oppositori tra Gal e Misto (e
quindi 111+20=131) e capirete che la proposta di dimissioni è, al solito,
meramente provocatoria e di poco spessore.
Il Governo lo si fa cadere
politicamente e con i numeri. Non con post che contengono solo virtualmente i
numeri.
Il ragionamento da fare è comunque interessante, entrando
però nel merito e non per far scrivere il solito editoriale al buon giornalista
Marco Travaglio.
#AlternativaLibera è disposta a parlarne, lo facciamo con
tutti.
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