lunedì 16 febbraio 2015

Il Parlamento va sciolto. Disciolto.

Analizziamo, per un attimo, la possibilità di poter sciogliere il Parlamento sulla base del fatto che i gruppi di opposizione presentino le proprie dimissioni dal mandato elettorale.

Vediamo quanto affermato da questo post apparso qualche ora fa:



Si noti: “richiesta congiunta di tutte le opposizioni eventualmente supportata dalle dimissioni dei parlamentari di minoranza…se anche in uno solo dei due rami del Parlamento (il Senato, ove i numeri sono più traballanti, ndr.) si raggiungesse la metà più uno dei dimissionari (…non dei Senatori a vita…) sarebbe automatico lo scioglimento di quella Camera e, a ricaduta, dell’altra (Camera dei Deputati, ndr)”


Potrei anche essere d’accordo, ma politicamente questo passaggio farebbe buchi da tutte le parti, as usual.
Ciò perché, in primis, tutto quanto fatto sinora (Decreti, Riforme etc…), purtroppo, è stato portato avanti in base ad un  “Regolamento”, che, può piacere o meno, contiene le regole tecniche (non il manifesto politico o le intenzioni politiche) che abbiamo accettato entrando in Parlamento.

Che poi la riforma Costituzionale sia stata affrontata in modo assolutamente inopportuno annichilendo le opposizioni, su questo, concordiamo tutti.

Usando un paradosso (ma chiaramente solo come esempio) potremmo dire che a me fa paura o mi fa “ribrezzo” correre a 130 km/h in autostrada, posso dire la mia e protestare, ma il resto degli automobilisti che vanno a 130 km/h lo possono fare senza subire sanzioni perché la legge lo consente.

E’ altrettanto ovvio che una forza Parlamentare o lista che avesse raggiunto il 51% dei voti (o prossimamente il 40% sulla base dell’Italicum) avrebbe le possibilità per poter cambiare subito questo “Regolamento” e proporre una riforma virtuosa della Carta Costituzionale, qualora, tra l’altro, servisse.

Il dialogo è costruttivo, anche e soprattutto fatto in opposizione quando l'intento è  fare raddrizzare il tiro ad una forza politica di maggioranza che sbaglia merito e metodo. Questa è la più grande vittoria politica fatta e portata avanti da buonsenso e mediazione.

Il dialogo prende anche sfumature interessanti come questa

L’Italia è un Paese da ricostruire e non da distruggere.

L’art. 67 della Costituzione (si veda anche http://www.nextquotidiano.it/quando-beppe-grillo-non-voleva-vincolo-mandato/) ci indica che le dimissioni parlamentari non possano essere decise da un capobastone o dal partito, sono una scelta individuale che il parlamento vota favorevolmente, da prassi, per soli gravi motivi (ad esempio di salute fisica).
A questo proposito, c’è il precedente di Silvio Berlusconi che impose le dimissioni ai suoi  parlamentari dopo il voto sulla sua decadenza da Senatore della Repubblica. Dimissioni che non ci furono, al netto di qualche sottosegretario che rinunciò alla carica ma non al mandato.
Sappiate che le dimissioni si accompagnano ad una delibera dell’Aula, a scrutinio segreto e caso per caso. Servono almeno due legislature per votare un minimo di 158 proposte di dimissioni da Senatore.
Inoltre, una volta accettate le dimissioni del parlamentare, subentra il primo dei non eletti in lista che quindi assieme ad altri dovrebbe dimettersi e così via…un loop.

Altra cosa che voglio mettere in evidenza è questa: l’appello di dimissioni in questione avviene anche per i deputati  della minoranza del Pd, che, una volta seguito il “consiglio”, come predetto, verrebbero sostituiti, dal “primo dei non eletti” in probabile linea con la maggioranza e quindi rimpinguando la stessa con numeri ancora più schiaccianti.

Andiamo per un momento alla legge elettorale:

“Questo è un Parlamento scaturito da una legge elettorale dichiarata incostituzionale, per cui, se per il principio della conservazione degli atti, resta in carica, appare per lo meno forzato che sia questo stesso parlamento a dover rifare la legge elettorale e, addirittura, la riforma della Costituzione”

La Consulta quindi chiarisce:

“Le Camere – scrissero all’epoca i giudici – sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”. “È evidente che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale”

Facendo poi due veloci conti al Senato (numeri ad oggi 15.02.2015)



Ora, la matematica non è una opinione, nè tantomeno una opinione politica che appartiene a pochi.
½ + 1 dimissionari=158.
Considerate i numeri sulle questioni di Fiducia e traetene le conclusioni.
Considerate il numero “111” delle opposizioni, anche aumentato di una ventina di oppositori tra Gal e Misto (e quindi 111+20=131) e capirete che la proposta di dimissioni è, al solito, meramente provocatoria e di poco spessore.
Il Governo lo si fa cadere politicamente e con i numeri. Non con post che contengono solo virtualmente i numeri.
Il ragionamento da fare è comunque interessante, entrando però nel merito e non per far scrivere il solito editoriale al buon giornalista Marco Travaglio.

#AlternativaLibera è disposta a parlarne, lo facciamo con tutti.
                            


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